20 settembre 2009

In tutta la mia vita sono stato a soli tre funerali di cui sentivo veramente il lutto.

Il primo è stato quello di un mio amico d'infanzia, morto a otto anni. Soffriva d'asma e quando giocava a pallone faceva una volta il campo poi doveva fermarsi a riposare. Non lo conoscevo bene, ma abitava vicino a me ed è morto all'improvviso. Ricordo ancora mia madre che mi dà la notizia, in modo un po' ridicolo a dire il vero. Ma probabilmente io non ero proprio il bambino descritto nei libri di pedagogia.
Il secondo poco tempo dopo. La mia catechista. Una donna straordinaria. Potrei dire anche ragazza. Un paese intero dietro alla sua bara. Ricordo il suo sorriso e che credeva in me. Mi aveva portato dal maestro di musica che mi consigliò di suonare il violino. Doveva sposarsi qualche settimana dopo. Molti ci hanno visto un segno. Lui ora è sposato e ha dei bambini. Sono cose strane e normali allo stesso tempo.
Il terzo è quello di mia nonna. Mi ero appena messo con la mia prima ragazza. L'unica, in realtà. Piansi poco, o forse per nulla, non ricordo. Andavo a trovarla all'ospedale e non mi riconosceva, poi è caduta. Era molto vecchia, ma soprattutto era stanca. Suo marito se n'era andato quattordici anni prima, quando io ero piccolino. Non ricordo il suo funerale, per quello ho detto tre. Però ricordo l'obitorio.
Credo sia uno dei miei primissimi ricordi. Una sala bianca. Visivamente fredda. Un corpo immobile. I miei facevano domande, come non capissi, come dovessi necessariamente piangere. Ricordo che ero serio e in qualche modo curioso. Qualcuno mi prese in braccio e per la prima volta vidi mio nonno più in basso di me. Era un morto vero.

7 maggio 2009

POCO PRIMA DEL TERREMOTO

Castel Sant'Angelo, 4/5 Aprile 2009

Il fiume scorre davanti a me. Lo farebbe comunque, anche se io non fossi qua ad osservarlo, seduto su una panchina messa qui da chissà chi. Un genio probabilmente, visto che ne ha messa un'altra giusto di fronte, così che ci posso appogggiare i piedi. Stanchi. Come il resto. A fianco a me riposa la mia bicicletta. E il fiume scorre, riflettendo le luci del Castello e poche voci di ragazze allegre. Il cielo è tornato sereno, come era stamattina. Non sono mai stato così solo. Ma non è una cosa negativa. Anzi, rifrmulerò: non avevo mai compreso ed accettato meglio d'oggi la mia solitudine e la mia diversità. Sono triste e sono felice. Il fiume scorre e vorrei buttarmici dentro, fare il morto a galla e lasciarmi trascinare verso il mare. Guardando le stelle, una volta fuori città, e la luna crescente -credo- che mi sembra una sorridente zia. Pedalerò sino al mio letto, sporco di esser stato bene, e mi addormenterò, io spero, senza indugio. Pronto a ripartire come nulla fosse, domani e poi domani l'altro e dopo ancora. Finché il fiume non sarà arrivato al mare.

3 giugno 2008

Che senso ha far finta di niente? Nascondere sotto il tappeto i ricordi, le emozioni, i sentimenti? Immaturità. Spero sia questa la risposta, perché almeno se è così si può rimediare. Ma se fosse ipocrisia? Paura?
La bontà non paga. La sincerità nemmeno. Mostrare le proprie imperfezioni per farsi accettare così come si è non ha alcun senso, a quanto pare. Arrocchiamoci nei nostri blog, nei nostri facebook, nei nostri pseudo-io. E diventiamo macchine, che l'uomo ormai ha fatto il suo tempo.
Bella merda.

25 febbraio 2008

COME OGNI PRIMAVERA TORNA IL FIORE DEL MIO INGEGNO
Manca ancora un mese, sì lo so. Ma l'aria qui nella capitale comincia a riscaldarsi e farsi mite e con lei gli odori di un'imminente primavera risvegliano in me la voglia di fare.
CAFA ha già avuto, per merito di San Valentino e delle stronze che mi hanno rifiutato lungo gli anni, una bella rinfrescata. Ne avrà ancora, perché ho già scritto un paio di piccoli racconti, anch'essi autobiografici (qula più, qual meno) che tra non molto posterò. Ho sviluppato anche un rullino e tra poco vado a ritirare un po' di stampe che dovrebbero riempire per una settimana foTOM, il fotolog, anch'esso abbandonato da tre mensilità a se stesso. Per quanto riguarda il videomaking, sto progettando diverse cose e non è neanche detto che mi tolga il vezzo di montare il benedetto Maialino '07.
Insomma un bel fermento, mentre sedicenti attrici continuano a infestare le mie insicurezze.
Bentornata, primavera.

4 dicembre 2007

Forse qualcuno lo ha già scritto. Probabilmente alcuni lo hanno giò pensato. Sicuramente molti lo hanno già provato: ho nostalgia di un posto in cui non sono ancora stato. Lo vado cercando da anni ma non so ancora dov'è.

3 dicembre 2007

PAURE
Perché la gente ha paura della verità?! Di ascoltarla e di dirla?! Forse hanno tutti la presunzine di avere a che fare con gente inferiore, bambini dall'aspetto cresciuto, a cui non vale la pena dire la verità. Bambini a cui bisogna raccontare le favole e lasciarli nel loro mondo di sogni, per proteggerli. Beh i bambini siete voi, tiratrame e filaorditi, Pinocchietti senza nemmeno un Grillo Parlante. Già, perché la coscienza l'avete lasciata nello stesso cassetto dove giacciono anche i vostri sogni, sommersi da tanta di quella polvere che ormai non si distinguono dai rimpianti, dai ricordi, dai dolori. Avete sotterrato tutto, al posto di farne tesoro per crescere. Siete rimasti piccoli nel coraggio ma avete perso la purezza dei bambini. Io cerco di fare il contrario: salvare i sogni e la purezza, ma imparare il valore della Verità e del rispetto verso tutti gli esseri umani, anche verso voi rimbambiti contapalle. L'uncia cosa buona è che almeno ho scritto un po' (st).

10 settembre 2007

cinque mesi fa

E' solo Aprile
ma la gente già cena all'aperto
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E' solo Aprile
ma già non vedo l'ora di toglermi i vestiti
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E' solo Aprile
ma già sento la malinconia di Settembre
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E' solo aprile
ma già mi sento vecchio
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E' solo Aprile
ma già mi manchi
-
E' solo Aprile
solo

15 agosto 2007

Da una pagina di diario rockciclistico: Colmar-Baccarat, 10 agosto 2007

Dopo tre forature in ventiquattro ore, ho pensato bene di comprare un copertone più resistente e altre tre camere d'aria. Il ciclista non si è nemmeno degnato di farmi lui il lavoro. Comunque parto tranquillo. La strada sale dolcemente tra gli infiniti vigneti alsaziani. Visitiamo senza nemmeno scendere di sella la splendida cittadina di Ribeauvielle, poi la salita si fa dura ed arriviamo a fatica ai 742 umidissimi metri della cima. Una discesa gelida sembra il preludio ad un pomerigio di pianura, ma quando -seduti in un ristorantino di St. Marie aux Mines (cittadina dei minatori d'argento del XVI secolo)- consultiamo la cartina, scopriamo che non è proprio così: ci aspetta un altra salita della medesima entità, ma concentrata in soli 4 km, il che vuol dire...
Ordiniamo delle ottime torte salate e poi del pollo al curry con il riso, il tutto bagnato dalla tipica birra del pescatore. Il cameriere esegue gli ordini allibito.
...10% di pendenza! La cima è una nuvola gelida, dove arrivo con qualche minuto di anticipo su Ivo (la sua torta era al formaggio). Lo aspetto con una Coca ghiacciata in mano, comprata nel frattempo da un furbo rivendiore montanaro.
Ci rimettiamo gli abiti da discesa. L'aria da umida si fa bagnata. Noi stringiamo i denti e picchiamo verso St. Die. Qui scopriamo che la strada che porta a Baccarat è vietata a noi ciclisti, così mentre cerchiamo un'alternativa una Scenic guidata da una dolce fanciulla si accosta premurosa: dal lato passeggero scende un uomo completamente ubriaco, ma dell'ubriachezza buona. E' lui che si prodiga per indicarci la strada parlando un misto di francese, inglese, spagnolo e napoletano. Arrivano anche i poliziotti, ma persino loro sono amichevoli.
Ripartiamo allegri. Buco. Ancora. Evidentemente non era colpa del copertone...
Ripetiamo un'operazone ormai familiare, tranne per il fatto che questo dannato Continental è duro da riinfilare nel cerchio. Ripartiamo un po' meno allegri, ma ci riprendiamo. Ormai sono le otto...la strada è un saliscendi tra alberi altissimi, lungo un fuime splendido di nome Meurthe.
Baccarat è una città fantasma che vive attorno a una fabbrica di bicchieri. Dei quattro alberghi segnalati dalla pianta ufficiale della città, nessuno è aperto. A dire il vero tre nemmeno esistono più. In compenso ci sono svariati kebabari. Tre euro e cinquanta per rinascere. Chiediamo al gestore se conosce qualche albergo in zona. Il tizio ci prende in simpatia e si prodiga col telefono, poi addirittura ci guida con la macchina fino a Fontenoy le Joute, un minuscolo villaggio riqualificato qualche anno fa dall'apertura di alcuni librai dell'usato. Qui c'è una specie di agriturismo con una stanza tutta per noi. Pazzesco.
In totale credo di avere fatto 120 km, di cui almeno 25 in salita. Siamo partiti alle 11.11 e siamo arrivati alle 22.22. Mi merito una doccia. E pure una birretta.

3 agosto 2007

L'ESSENZA DEL MIO PESSIMISMO (LUNATICO)
Facile essere scrittore tra gli analfabeti, musicista tra i sordi, sportivo tra gli storpi.
Grande cosa davvero: saper fare tutto meglio di molti e niente meglio di tutti.

10 giugno 2007

Mi basta salire sulla metropolitana -la fermata dista otto minuti da quella che non è affatto casa mia- per rendermi conto di quanto sia statica la mia breve eppur già troppo lunga vita.
Sulla mia stessa panca due uomini del lontano oriente, migliaia di chilometri sotto quelle chiappe. Di fronte a me un barbuto viaggiatore, forse slavo, forse no: ha uno zaino nemmeno troppo grosso, l'abbronzatura di chi il sole a prenderlo è costretto e le unghie sporche. E' serio, quasi triste. Lì a fianco un uomo con la pelle martoriata da nei, bolle e chissà quali altre pseudo-malattie, forse causate da una lampada sbagliata. Potrebbe essere un pappone, o almeno potrebbe essere il pappone in un film, anche se non credo che tratterò mai questi argomenti. Chissà. Poco lontano una coppia malinconica: si tengono vicini ma i loro volti sono assenti. Forse stanno per lasciarsi. Poi c'è una ragazza curiosa, che siguarda in giro e guarda pure me. Ma io sono solo uno che scrive e dubito che si potrebbe scrivere qualcosa di intrigante su di me.

5 giugno 2007

Firenze, Santa Margherita dei Cerchi

Tra queste piccole panche consunte
scavate dalle ginocchia del tempo
Dante mirava negli occhi la donna
che suggeriva lui ogni poesia.

Tra queste semplici mura dipinte
ornate dai distruttori del templio
Dante spiava di sotto la gonna
di una gran dama della signoria.

Ora riposano lì a pochi passi
in fredde tombe di eguale squallore
due corpi immobili esangui e lassi

ognuno simbolo del proprio amore:
l'uno dà petali, quell'altro ghiande,
ma non per questo è più vero né grande.

29 maggio 2007

La verità è soggettiva, ma non relativa.
Ha senso questa frase? Forse sì, forse sì.