In tutta la mia vita sono stato a soli tre funerali di cui sentivo veramente il lutto.
20 settembre 2009
7 maggio 2009
Il fiume scorre davanti a me. Lo farebbe comunque, anche se io non fossi qua ad osservarlo, seduto su una panchina messa qui da chissà chi. Un genio probabilmente, visto che ne ha messa un'altra giusto di fronte, così che ci posso appogggiare i piedi. Stanchi. Come il resto. A fianco a me riposa la mia bicicletta. E il fiume scorre, riflettendo le luci del Castello e poche voci di ragazze allegre. Il cielo è tornato sereno, come era stamattina. Non sono mai stato così solo. Ma non è una cosa negativa. Anzi, rifrmulerò: non avevo mai compreso ed accettato meglio d'oggi la mia solitudine e la mia diversità. Sono triste e sono felice. Il fiume scorre e vorrei buttarmici dentro, fare il morto a galla e lasciarmi trascinare verso il mare. Guardando le stelle, una volta fuori città, e la luna crescente -credo- che mi sembra una sorridente zia. Pedalerò sino al mio letto, sporco di esser stato bene, e mi addormenterò, io spero, senza indugio. Pronto a ripartire come nulla fosse, domani e poi domani l'altro e dopo ancora. Finché il fiume non sarà arrivato al mare.
3 giugno 2008
Che senso ha far finta di niente? Nascondere sotto il tappeto i ricordi, le emozioni, i sentimenti? Immaturità. Spero sia questa la risposta, perché almeno se è così si può rimediare. Ma se fosse ipocrisia? Paura?
La bontà non paga. La sincerità nemmeno. Mostrare le proprie imperfezioni per farsi accettare così come si è non ha alcun senso, a quanto pare. Arrocchiamoci nei nostri blog, nei nostri facebook, nei nostri pseudo-io. E diventiamo macchine, che l'uomo ormai ha fatto il suo tempo.
Bella merda.
25 febbraio 2008
4 dicembre 2007
3 dicembre 2007
10 settembre 2007
15 agosto 2007
Da una pagina di diario rockciclistico: Colmar-Baccarat, 10 agosto 2007
Ordiniamo delle ottime torte salate e poi del pollo al curry con il riso, il tutto bagnato dalla tipica birra del pescatore. Il cameriere esegue gli ordini allibito.
...10% di pendenza! La cima è una nuvola gelida, dove arrivo con qualche minuto di anticipo su Ivo (la sua torta era al formaggio). Lo aspetto con una Coca ghiacciata in mano, comprata nel frattempo da un furbo rivendiore montanaro.
Ci rimettiamo gli abiti da discesa. L'aria da umida si fa bagnata. Noi stringiamo i denti e picchiamo verso St. Die. Qui scopriamo che la strada che porta a Baccarat è vietata a noi ciclisti, così mentre cerchiamo un'alternativa una Scenic guidata da una dolce fanciulla si accosta premurosa: dal lato passeggero scende un uomo completamente ubriaco, ma dell'ubriachezza buona. E' lui che si prodiga per indicarci la strada parlando un misto di francese, inglese, spagnolo e napoletano. Arrivano anche i poliziotti, ma persino loro sono amichevoli.
Ripartiamo allegri. Buco. Ancora. Evidentemente non era colpa del copertone...
Ripetiamo un'operazone ormai familiare, tranne per il fatto che questo dannato Continental è duro da riinfilare nel cerchio. Ripartiamo un po' meno allegri, ma ci riprendiamo. Ormai sono le otto...la strada è un saliscendi tra alberi altissimi, lungo un fuime splendido di nome Meurthe.
Baccarat è una città fantasma che vive attorno a una fabbrica di bicchieri. Dei quattro alberghi segnalati dalla pianta ufficiale della città, nessuno è aperto. A dire il vero tre nemmeno esistono più. In compenso ci sono svariati kebabari. Tre euro e cinquanta per rinascere. Chiediamo al gestore se conosce qualche albergo in zona. Il tizio ci prende in simpatia e si prodiga col telefono, poi addirittura ci guida con la macchina fino a Fontenoy le Joute, un minuscolo villaggio riqualificato qualche anno fa dall'apertura di alcuni librai dell'usato. Qui c'è una specie di agriturismo con una stanza tutta per noi. Pazzesco.
In totale credo di avere fatto 120 km, di cui almeno 25 in salita. Siamo partiti alle 11.11 e siamo arrivati alle 22.22. Mi merito una doccia. E pure una birretta.
3 agosto 2007
10 giugno 2007
Sulla mia stessa panca due uomini del lontano oriente, migliaia di chilometri sotto quelle chiappe. Di fronte a me un barbuto viaggiatore, forse slavo, forse no: ha uno zaino nemmeno troppo grosso, l'abbronzatura di chi il sole a prenderlo è costretto e le unghie sporche. E' serio, quasi triste. Lì a fianco un uomo con la pelle martoriata da nei, bolle e chissà quali altre pseudo-malattie, forse causate da una lampada sbagliata. Potrebbe essere un pappone, o almeno potrebbe essere il pappone in un film, anche se non credo che tratterò mai questi argomenti. Chissà. Poco lontano una coppia malinconica: si tengono vicini ma i loro volti sono assenti. Forse stanno per lasciarsi. Poi c'è una ragazza curiosa, che siguarda in giro e guarda pure me. Ma io sono solo uno che scrive e dubito che si potrebbe scrivere qualcosa di intrigante su di me.
5 giugno 2007
Firenze, Santa Margherita dei Cerchi
Tra queste piccole panche consunte
scavate dalle ginocchia del tempo
Dante mirava negli occhi la donna
che suggeriva lui ogni poesia.
Tra queste semplici mura dipinte
ornate dai distruttori del templio
Dante spiava di sotto la gonna
di una gran dama della signoria.
Ora riposano lì a pochi passi
in fredde tombe di eguale squallore
due corpi immobili esangui e lassi
ognuno simbolo del proprio amore:
l'uno dà petali, quell'altro ghiande,
ma non per questo è più vero né grande.