ancora cose vecchie e quasi dimenticate: un "classico", pubblicato anche sul prestigioso giornale stuentesco del Volta: è una trilogia di racconti, a cui credo se ne aggiungeranno altri, più in là...per adesso eccovi il primo!
LA STRANEZZA DI KURT
Kurt era un ragazzo sveglio, è vero, ma innegabilmente strano. Il fatto che avesse quella particolarità, poi, lo rendeva ancora più strano. Non che fosse così macabra, come qualcuno diceva, ma quella stranezza produceva nelle persone un senso di paura misto a stupore, incredulità, pena talvolta. Suo padre era un uomo grasso, talmente grasso che quando urlava si potevano sentire le sue parole riecheggiare nell’immenso stomaco; sgridava Kurt in continuazione, forse perché non accettava il fatto di avere un figlio così, o perché aveva passato un’infanzia infelice, oppure perché gli andava e basta, o magari, ma non penso, perché il ragazzo se lo meritava. La madre di Kurt era una donna pacata…beh, molto pacata; anzi -a dire il vero- troppo pacata. Magra com’era, se solo avesse urlato per qualche infinitesima frazione di secondo, si sarebbe sciolta lì, in cucina, dov’era segregata da tempo.
Ora, voi potreste credere che tra un uomo grasso e scorbutico ed una donna come la madre di Kurt possano nascere solo bambini perfetti, che possiedono il giusto equilibrio tra i due genitori: Kurt non era così; era diverso da tutti gli altri ragazzi e quella stranezza che aveva lo rendeva ancor più emarginato, evitato, deriso. Alcuni pensavano fosse una maledizione voluta da qualche iettatore, altri erano convinti che tutto quello non esistesse affatto, che fosse solo frutto dell’immaginazione collettiva; a molti pareva una menomazione, ad altri un difetto, ad altri ancora, pochi, una cosa buona. Su tutta la Terra solo Kurt era così, ma non era certo invidiato. Non l’aveva comprata, quella stranezza, sia perché non si può comprare, sia perché la sua paghetta settimanale era persino inferiore della parcella di uno iettatore medio, magari di quello che aveva causato quella sua particolarità; non l’aveva presa dai suoi genitori, lo avrete già capito, non l’aveva rubata; non l’aveva inventata o scoperta e nemmeno l’aveva trovata per terra. Era sua da sempre e si poteva supporre che mai l’avrebbe persa.
Il cane di famiglia, maleodorante e sporco, vagante per casa da anni col suo seguito di macchie sul pavimento, prese al volo il giornale di quel 3 giugno 2083, lo rese al padrone in condizioni pietose e se ne andò trotterellando. Il padre di Kurt lo afferrò senza sporcarsi le mani lo distese e lo aprì, scorse le pagine fino al necrologio, ma quando alzò la testa per guardarsi un po’ intorno non poté evitare di incrociare il volto di suo figlio e per l’ennesima volta notò con disgusto quel raccapricciante sorriso.
18 settembre 2003
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