19 settembre 2003

Ecco la seconda puntata della trilogia di Kurt, che in realtà è diventata già quadrilogia, ma non so se pubblicherò la quarta puntata - che poi si inserisce al terzo posto - perché ancora troppo fresca...vedremo, ho qualche giorno per decidere, no?

KURT IMPARA AD ODIARE

-Non posso!- insisteva Kurt, ma suo padre continuava a farfugliare qualcosa che, non so come, il ragazzo riusciva a capire. La madre stava zitta e li fissava mentre litigavano; era confusa, agitata, ma non doveva lasciarsi prendere dalle emozioni: ne andava della sua salute.
Per la prima volta Kurt era diventato rosso di rabbia, per la prima volta quella sua gioia interiore espressa dalla stranezza chiamata sorriso si era tramutata in rabbia, quasi in odio verso un padre che in tutti quegli anni non aveva fatto altro che urlargli contro. Lo stava facendo ancora. Eccolo infatti, rosso e grasso come un pomodoro, quell’uomo grottesco e stressato che lo aveva cresciuto, adesso ordinava si smetterla di sorridere; ci metteva un tale impegno che i pochi capelli rimastigli in testa ondeggiavano a destra e sinistra, scoordinati, neri. Intanto sua moglie immaginava come dentro quelle maschere feroci ci fosse qualcosa che assomigliasse al benessere: Kurt scopriva la gioia di far esplodere i propri sentimenti, il piacere di arrabbiarsi, la soddisfazione di ribellarsi; il padre era entusiasta, perché suo figlio non sorrideva più -proprio lui che continuava a dire di non poterne fare a meno- e più lui urlava, paonazzo, più Kurt si allontanava dall’espressione odiosa ed unica che lo aveva caratterizzato fino a quel punto. Anche lei era contenta, ma non poteva farlo vedere e nemmeno lo voleva, in fondo.
Tutti e tre chiusi in cucina. Due in piedi, occhi fissi; lei seduta sul tavolino basso, dove di solito saliva, a fatica, per togliere i piatti dalla credenza. Improvvisamente cadde. Qualcosa che teneva in mano rotolò verso suo marito. Kurt corse, si inginocchiò su di lei. Gli sguardi si incrociarono più volte, mentre giravano in un cerchio non perfetto senza sapere cosa fare. Lei sibilò due parole e Kurt le capì, grazie a nessuno dei cinque sensi. Poi le pupille di lui si posarono sulla sua bocca, che si aprì in un sorriso mentre soffiava per l’ultima volta. Il ragazzo tornò in piedi, girò solo la testa e gli occhi verso suo padre, poi uscì dalla stanza. Non stava sorridendo.

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