14 settembre 2003

Per la saga delle cose vecchie e quasi dimenticate ho l'onore di pubblicare un racconto scritto circa dieci anni fa e (leggermente) riveduto e corretto nel 1999.
Ambientazione western, stile essenziale (facevo la 5a elementare...), a voi il giudizio.

WANTED
storia di un fuorilegge
"Ero ormai lontano dallo sceriffo Smith, ma ancora sentivo la sua presenza, l'odore del suo cavallo. Avevo messo a segno il mio primo colpo ed avevo paura.
Stanchi ed affamati io e John trovammo posto in un accampamento di forestieri. Avevamo il vantaggio, essendo nuovi del mestiere, di non essere conosciuti.
La notte passò tranquilla e l'alba fu splendida, quel 25 agosto pareva una bella giornata, ma non fu così. Oggi ci toccava una lunga cavalcata attraverso il deserto e alla sua polvere.
Una leggera brezza bastava a riempirci di sabbia i capelli e le folate rallentavano il nostro passo scontrandosi con noi frontalmente. Il caldo secco contribuiva a farci sentire soli, insieme alle nostre squallide ombre, nell'immenso pianeta. Il sole era sempre più alto nel cielo e i nostri cavalli sempre più stanchi; ci sembrò un miraggio: una carovana di tre carri ci tagliò la strada. Sembrava la nostra salvezza, un poco di riposo dopo lunghe ore di fatica. D'un tratto i due uomini in capo alla carovana accennarono con la mano e una finestrella si aprì su di ogni carro...
Raffiche di colpi partirono da grossi fucili; provammo a fuggire e din qualche modo io mi ferii solo ad un braccio, ma John non se la cavò. Non era tempo di rimpianti, fuggii dopo avere sparato qualche colpo di Colt. Lasciai il mio più grande amico lì, nella polvere e solo il vento, a poco a poco, lo avrebbe sepolto.
Raggiunsi per il mezzogiorno Sun City dove, vicino al saloon centrale, aveva luogo uno dei soliti scontri ad "armi pari". Ne prendevano parte Luke, il capo della mia banda, e Mike, un piccolo ribelle della legge del più forte. Certa gente fa molta fatica a capire il mondo. Inutile pronunciare il nome del vincitore e quello del perdente; un altro morto inutile, quel giorno nel west.
Entrai nel covo, una piccola grotta al di sopra di un colle e, quando arrivò Luke, iniziammo la riunione, la prima vera riuniune della mia breve vita, dove raccontai l'accaduto ricevendo non condoglianze, ma complimenti per il colpo che ci aveva arricchito non poco, a volte è strano, il west, e questa non era una di quelle volte.
La giornata passò con i miei rimpianti e non certo tra la felicità per la mia prima riunione…la sognavo da mesi, ora era lì e ne avrei fatto a meno.
Lo sceriffo di Spike City mi era alle costole, ma ora, in questa città, ero momentaneamente al sicuro. Così presi un whisky al Central saloon.
Venne la luna e passò, decisi di andare a dormire e trovai il mio letto già pronto: un pagliericcio ed un telone in un angolo della grotta. Subito mi coricai e mi addormentai piuttosto in fretta nonostante tutto: la dura giornata si era fatta sentire; il posto era caldo e accogliente, solamente Alex, il mio vicino di letto, non era contento della mia entrata nel clan, ma a me, almeno quella notte, non importava.
La notte passo tranquilla ed i primi raggi di sole salivano al cielo quando una nuvola di polvere si alzò verso l'orizzonte: erano i rinforzi, la banda di Red City, comandata da Tommy Dalton, si univa alla nostra.
Il programma per la giornata era quello di preparare la rapina della Ricky bank, la banca principale della città. Dopo questo furto, naturalmente, solo pochi individui dovevano restare in quella città, mentre gli altri si sarebbero trasferiti più a sud. Il colpo riuscì perfettamente ed i più importanti componenti della banda, più qualche novizio come me, si rifugiarono al ranch segreto di Tommy Dalton; i meno importanti ed i meno conosciuti, come Alex, restarono a Sun City.
Il messaggio della rapina, intanto, fu in pochi giorni conosciuto in tutto il west ed anche Smith, a Spike City, ascoltò l'accaduto. Subito raggiunse il luogo del misfatto.
Alex scrutò la città da un osservatorio sulla collina: Smith e i suoi scagnozzi attraversavano a passi lenti la via del centrocittà con gli stivali che alzavano cumuli di polvere, grigia e caldissima polvere. Il furfante fece segno a un messaggero di avvisare gli altri e questo partì a tutta velocità con il suo cavallo.
Nel pieno pomeriggio, quando il campanile della vicina città rintoccava per quattro volte, l'inviato arrivò da noi, ci raccontò dell'accaduto e si sedette con noi al tavolino per riprendere fiato. Eravamo nei guai, io più di tutti, perché, in un modo o nell'altro, Smith sarebbe riuscito a far sputare il rospo ad Alex: tra poche ore sarebbe arrivato. Dove fuggire? Dove nascondersi e coricarsi per la notte? erano quesiti piuttosto complicati da risolvere, ma avevamo poco tempo. Pensammo che sicuramente il vecchio sceriffo stava radunando tutti i suoi scagnozzi sparsi per il west nel tentativo di circondarci, ma successe qualcosa di strano. Alex, cancellando le sue antipatie o forse capendo che era meglio per tutti, disse a Smith che eravamo tornati, per vie segrete, a Spike City, così lo stolto pesce abboccò all'amo e se ne tornò da dove era venuto lasciando una lauta ricompensa ad Alex.
Verso le otto facemmo partire, con cautela, il solito messaggero che andò veloce come un fulmine nella speranza di un ritorno con buone notizie. Le nostre speranze erano fondate.
Anche quella notte passò in fretta e per l'indomani si prevedeva riposo e così fu. Passarono i giorni ed arrivò l'ultimo del mese, con qualche pallida nuvola nel cielo. Il paesaggio intorno a noi, sebbene non dei più belli, ci sembrava lucente perché finalmente avevamo tempo di osservarlo. Ci sentivamo felici, fuori da quel vortice di furti e di fughe, ma il vortice stava tornando e da lui non si può scappare. Così nei giorni successivi riuscimmo ad architettare alcuni piani e per l'ultimo di settembre ne mettemmo a segno cinque con l'aiuto di Alex che ci informava dei fatti di Sun City e dintorni.
Il tutto durò un anno; noi ci arricchimmo sempre più e Alex ci forniva costantemente le informazioni necessarie.
Il 25 agosto ci fu una festa per celebrare il mio primo anno di attività, ma improvvisamente irruppe nella sala Alex che, dopo aver ripreso fiato, raccontò l'accaduto: il messaggero si era infortunato e in città era in corso un trasferimento di denaro che sarebbe durato ancora per un giorno. Così alcuni componenti della banda, insieme a me e a Alex, partirono in fretta e furia verso Sun City. Era un'occasione da non perdere.
Arrivammo e preparammo il piano: decidemmo di intrufolarci in banca spacciandoci per poliziotti solo a trasferimento avvenuto e rubare tutti i denari trasferiti. Filava tutto liscio: ci sorprendevamo anche noi che un piano così banale non avesse avuto contrattempi. Il colpo era ormai portato a termine quando dal dietro della diligenza bancaria sbucò Smith. Subito afferrai Alex e lo trascinai dentro la banca, mentre lo sceriffo della mia città sparava senza pietà a Tommy ed a Luke uccidendoli entrambi. Noi prendemmo di fretta un paio di sacchi e ce la filammo dal retro cavandocela con qualche ferita che subito Henry, il medico, avrebbe curato. Un altro 25 agosto se n'era andato ed io avevo rimediato altre ferite, altri amici morti, altro denaro.
Il peggio era che il comando, da quel momento, sarebbe spettato a me ed a Alex. Sembrava incredibile, ma toccava a noi e non eravamo pronti.
I giorni passarono senza che combinassimo alcun furto poi, verso l'inizio di settembre, mi venne un idea: feci arrivare da Sun City qualche cavallo e preparai il piano: rubare mandrie di mucche per poi rivenderle all'estero; meno rischioso di rapine in banca sarebbe stato un grosso affare e lo fu; ma al momento del secondo scambio con i commercianti le bestie vennero caricate sulla nave senza preavviso e, quindi, senza pagamento. Quel fatto ci puzzava: poteva essere un piano di Smith per coglierci sul fatto, perciò non rischiammo e ci trasferimmo tutti da Alex, a Sun City.
Passò tranquilla una settimana e l'autunno si faceva sentire. Tornammo al ranch non trovandovi nessuno. Era ormai da più di un mese che il nostro lavoro non dava frutti e ne passò un altro senza grossi eventi. Finalmente Alex ebbe una nuova idea decise di assalire, senza stragi, le carovane che passavano nei dintorni dei covi e questa idea portò abbondanti ricchezze in denaro ed in viveri.
Era una normale giornata di riposo quando una grossa carovana stupì gli abitanti del ranch come quelli della grotta fermandosi a pochi metri da loro, salutandomi e scaricando armi, viveri e uomini: erano le bande della provincia di Spike City che, tormentati dallo sceriffo Smith, avevano deciso di unirsi a noi. Così la nostra associazione si espandeva ancora ed il mio compito era sempre più difficile. MA in fondo potevano tutti esserci di grande aiuto. Comunque ora Smith ci faceva meno paura e potevamo affrontarlo senza timore. Sorgeva anche il problema dei posti, ma fu subito risolto perché Jack, il capo dei nuovi arrivati, aveva una casa a poche miglia dal ranch e ci andò insieme ai suoi compagni più cari. Ora anche lui ci aiutava a comandare il gruppo e la nostra vita, nonostante la fatica, era piacevole. Per una volta ancora avevamo tempo di guardare il cielo e di capire che era stupendo.
Con l'aiuto dei miei vecchi concittadini mettemmo a segno, prima dell'inizio di novembre, altri quattro furti. Così arrivò il freddo inverno e lo passammo architettando piani per la bella stagione e consumando i viveri rimanenti, come in un letargo. Ci tenevamo mensilmente in contatto con gli altri covi per mezzo di alcuni messaggeri, ma non avvennero fatti rilevanti. Arrivò la primavera e Alex mi continuava a inviare regolarmente messaggi che non dicevano nulla di importante. In marzo mandai un piano a Jack ed a Alex per tentare di rubare una preziosa collana di diamanti. Era il colpo della vita. Entrambi accettarono, ma apportarono qualche modifica al piano; ora era tutto perfetto. Ci ritrovammo al museo di Sun City che era diventata la nostra città di lavoro.
Ci intrufolammo nel museo come semplici turisti senza che nessuno ci riconoscesse e riuscimmo, mentre la sala era deserta, a sottrarre dalla cupola vetrata la collana e a sostituirla con un falso.
Poi ci aggregammo al gruppo di visitatori, tutti curiosi di vedere quei gioielli, tenendo la refurtiva in una valigia a combinazione.
Usciti dopo un'ora dal museo non avemmo problemi a rivendere la collana e quando i custodi del museo si accorsero del furto noi eravamo già nel nostro ranch, al sicuro.
In questo modo riuscimmo a vivere ancora nella prosperità e l'estate era già nel suo pieno svolgimento. I soliti, piccoli colpi li mettemmo a segno fino a ferragosto quando, girando in perlustrazione, vidi un cartello che garantiva una ricompensa di $ 5,000 a chi mi avrebbe catturato e portato, vivo o morto, da Smith: ero diventato famoso! Ma non mi importava di quel cartello, né di quel pazzo di Smith.
Così, pian pianino, arrivò il 25 agosto dove ricordammo i tre morti del nostro clan e, successivamente, la mia entrata nel campo del furto che mi portava, sino ad ora, gioia. Quella festa era stata una mia idea e mi sentii orgoglioso di essere me steeso.
Era da qualche settimana iniziato il settembre 1885 ed un carro si apprestava ad attraversare la nostra zona, ogni giorno, regolarmente. Il fatto ci incuriosiva solamente; un giorno, però, notai che il carro era ogni giorno diverso e quindi non era uno solo. Allora notai pure che i carri si fermavano, a distanza controllata, intorno a noi e che ne bastavano altri tre per accerchiarci. Quella notte stessa, approfittando dell'oscurità, fuggimmo tutti verso la casa di Jack, dove, nel giro di una giornata, fummo raggiunti dalla carovana che era chiaramente comandata da Smith, il quale forse ci aveva sottovalutati. La situazione si faceva difficile, però. Di colpo Kid, uno dei nostri, si fece volontario per una rischiosa missione: correre a cavallo fino a due miglia dalla casa e sparare colpi di fucile e di pistola a scopo di attirare i nemici da quella parte e lasciare a noi via libera. Con mille auguri di buona fortuna partì subito. L'idea funzionò perfettamente: che mago quel Kid. Noi riuscimmo anche a saccheggiare i carri perché Smith e i suoi erano partiti a cavallo, che bellezza!
Arrivammo sino a Sun City, per avvisare dell'accaduto Alex e gli altri. Poi svuotammo dai sacchi la refurtiva sottratta a Smith e ne vennero fuori le più belle merci che avessimo mai visto: argenti, sete preziose, diamanti e oro. Anche il vecchio sceriffo era un malfattore, quel bastardo!
Vivevamo nel lusso e non c'era nemmeno bisogno di rubare nulla se non per divertimento…chissà cosa avrebbero detto Luke e Tommy! Intanto Smith non osava avvicinarsi a noi per paura di mettersi nei guai con quella stessa legge che lui avrebbe dovuto rappresentare.
Passarono altri, lunghissimi mesi fino a che, due anni or sono, Alex mi mandò un messaggio: un nuovo arrivato nella nostra banda aveva confessato tutto allo sceriffo di Sun City, Oscar Perry, comprese le malefatte di Smith. Dopo aver letto questa parte buttai il foglio nel fuoco ardente del camino. Ora ero contento della cattura del mio nemico Smith, ma sapevo che Perry non ci avrebbe risparmiato dal carcere. Da quel che sapevo, questo era il migliore sceriffo che quella parte di mondo avesse mai avuto. Allora ci preparammo per la difesa impugnando pistole e fucili, infatti, da lì a poco, arrivò, coperto da una grossa nuvola di polvere, un grosso gruppo di cavalli montati da altrettanti cavalieri. Ordinai di fare fuoco. Quando non vidi più uomini uscii con calma per accertarmi che tutti erano morti. Mi sentivo soddisfatto, ma non sapevo…era un orrore: non era Perry ma Alex, venuto a dare rinforzi a me e alla mia banda. Non riuscivo a credere ai miei occhi. Ordinai di fuggire, ma io rimasi lì.
Piansi per ore, arrivò lo sceriffo e mi arrestò. Ripensai a quando osservavo il paesaggio che sembrava splendido...Era allora che dovevo fuggire. Ma ora eccomi qua, in questa cella di Spike City, la mia città, a scrivere le mie memorie prima dell'esecuzione...".
David Hoge
25 agosto 1889

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