Rinuncio alla bara rossa. Al funerale, anche. Donate i miei organi, tutti quelli che si può. Coltivate i miei capelli e fatene delle corde: in alcuni paesi le usano ancora. Non ho grasso corporeo, mi spiace: provate a cavare qualcosa di buono dalla mia pelle, magari solo dei palloni per fare giocare i bambini. E con le mie ossa fate dei piccoli monili: regalateli alle bambine o vendeteli e comprate loro del pane. Anzi, no: un forno per farlo. Usatele tutte, le ossa, tranne la clavicola destra, quella deforme. Quella avvolgetela in un fazzoletto rosso e seppellitela tre metri sotto terra, a Pere-Lachaise; oppure buttatela nel Tamigi, o nel Reno, o nel Baltico. Su quel pezzo di terra o su quelle acque, se volete, gettate ogni tanto un fiore. Che sia rosso, giallo o arancione. Il resto potete bruciarlo o, se riuscite a camuffarlo bene e cucinarlo meglio, datelo da mangiare a chi muore di fame. I miei vestiti ai poveri. I miei scritti ai posteri. Le mie canzoni a chi le suonava con me. E le altre a chi le vorrà. Come i miei strumenti. Vendeteli pure.
19 dicembre 2004
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