Poco fuori Roma, su un altro treno, qualche mese fa:
C'è la nebbia nache qui
Forse non si insinua dentro la città, come a Milano, perché i colli ci proteggono un pochino. Forse non arriva fino al centro, ma ci aspetta appena fuori dalle mura, nelle piane coltivate ed abitate da greggi di villani.
Non arriva al centro del lago, dove è impossibile distinguere ciò che sale dal pelo dell'acqua e del terreno da quello che scende dal cielo che si accascia verso il suolo, stanco di badare al nostro umore.
Però la nebbia c'è anche qui.
Il riflesso del vetro è troppo forte per farmi vedere il buio della notte, che sono le sette ma è già scesa su questo autunno tardo e tutto sommato tiepidino.
Il treno nuovissimo viaggia tranquillo
Sud la direzione. Tanta la distanza. Ma non troppa, solo tanta.
Quello alla mia destra ha tutta l'aria di essere il direttore di una corale: prende appunti su una carta intestata "Avvenire" a partire da fotocopie di pentagrammi come solo in chiesa se ne vedono. Lavora fitto, mentre la signora a fianco a lui si trastulla con qualche tipo di gioco o sistema del lotto.
Le due lesbiche di fronte a me chiacchierano molto, ogni tanto di me. Io fingo di non accorgermi e scrivo, scrivo, aspettando di avere abbastanza fame da alzarmi e dirigermi verso la carrozza ristorante.
8 gennaio 2007
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